La nostra vita sui social: un pendolo che oscilla tra sfruttamento e violazione della privacy

Dear folks,

se siete arrivati qui dopo aver letto l’intervistona che ho fatto con Paola Bacchiddu sull’Espresso del 15 ottobre 2013, benvenuti. In questo post troverete un po’ di link e materiali assortiti. Quasi tutti rinviano a testi, podcast e video in inglese e in francese. Se non parlate nessuna di queste due lingue, sfiga.

Cosa faccio

Sono un sociologo di origine italiana. Da anni vivo all’estero, tra la Francia e il Regno Unito. Dopo aver concluso un dottorato all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi (EHESS), sono diventato ricercatore presso il Centro Edgar Morin (che fu anche quello di Roland Barthes). Nel 2011 sono stato nominato professore associato (che in francese si dice, un po’ pomposamente, maître de conférences) à Télécom ParisTech, il college di telecomunicazioni del Paris Institute of Technology (e per inciso, il luogo in cui nel 1904 fu inventata la parola ‘telecomunicazioni’).

Antonio Casilli Mediaset

Come definire quello che faccio? Alcuni chiamano il mio campo di ricerca Digital Humanities (Scienze umane digitali), altri sociologia del web. Io, che sono un difensore della transdisciplinarità, non mi preoccupo tanto di queste etichette. Le mie ricerche spaziano dalla salute online (studio soprattutto le comunità dette ‘pro-ana’), alle rivoluzioni aiutate dai social, alla censura online, alle metodologie avanzate di analisi delle reti sociali. E, ovviamente, mi occupo di privacy. Se volete saperne di più ecco la mia pagina personale.

Cosa scrivo

Il mio ultimo libro (scritto in collaborazione con Paola Tubaro e Yasaman Sarabi dell’Università di Greenwich) si intitola Against the Hypothesis of the End of Privacy e uscirà a breve presso la casa editrice scientifica Springer. Nel 2010 ho pubblicato per la casa editrice Seuil (un po’ l’equivalente di Einaudi in Italia) un libro che ha avuto un bel successo: Les liaisons numériques. Vers une nouvelle sociabilité? (quest’anno, tanto per dire, è stato dato come tema del corrispettivo francese della maturità scientifica – per altre notizie sul libro, v. il sito web con tutti i passaggi media). Nel 2000 avevo pubblicato per la casa editrice italiana Derive Approdi, il libro Stop Mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro (vi lascio immaginare di che parla…). Il mio primissimo libro, pubblicato alla tenera età di 25 anni, si chiamava La Fabbrica Libertina. De Sade e il sistema industriale, ed è stato pubblicato dalla casa editrice del Manifesto nel 1997. Piccola curiosità: si trattava in realtà della mia tesi di laurea in economia politica presso l’Università Bocconi, appena ritoccata a fini editoriali.

Per approfondire l’intervista

L’intervista per l’Espresso è bella lunghina, ma vi posso assicurare che parecchi passaggi della conversazione-fiume con Paola Bacchiddu sono rimasti fuori. Cerco di rimediare, per quelli che hanno voglia di approfondire le tematiche trattate.

Sulla nozione di economia del dono su Internet, l’evergreen è il saggio di Richard Barbrook, The Hi-Tech Gift Economy, pubblicato inizialmente nel 1998 e ripreso nella rivista First Monday nel 2005.

La nozione dello sfruttamento del digital labor (il lavoro degli utilizzatori del web sociale) è oramai al centro di un ricco dibattito universitario e politico. Come introduzione, questo podcast di Radio France Culture (Digital labor: portrait de l’internaute en travailleur exploité, un’ora di conversazione fra me e Yann Moulier-Boutang, il grande teorico del capitalismo cognitivo) e questo post del mio blog contenente una bibliografia e una presentazione powerpoint, dovrebbero bastare.

Il libro fondamentale è l’opera di Trebor Scholz: Digital Labor: The Internet as Playground and Factory (New York, Routledge, 2012). Come articoli, vi suggerisco «How Less Alienation Creates More Exploitation? Audience Labour on Social Network Sites», scritto da Eran Fisher e pubblicato nella rivista tripleC – Cognition, Communication, Co-operation, vol. 10, no. 2, 2012. Nello stesso numero, un ottimo saggio di Christian Fuchs sullo stesso argomento: «Dallas Smythe Today – The Audience Commodity, the Digital Labour Debate, Marxist Political Economy and Critical Theory. Prolegomena to a Digital Labour Theory of Value». Ma vi consiglio anche di leggere in Italiano Felici e sfruttati: Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro dell’amico Carlo Formenti (Milano, Egea Editori, 2011) e La fabbrica dell’infelicità. New economy e movimento del cognitariato, (Rome, DeriveApprodi, 2001) del carissimo Bifo, alias Franco Berardi.

Se volete capire a che punto questa nozione sia al centro del dibattito politico all’estero, date un’occhiata a questo rapporto del Ministero dell’Economia francese che propone di tassare Google, Apple, Facebook, Amazon in misura del ‘lavoro digitale invisibile’ dei loro utilizzatori. E’ stato pubblicato all’inizio del 2013 ed è alla base del movimento attuale per la ‘fiscalità digitale’.

Sul concetto di privacy come negoziazione, oltre al nostro prossimo libro (v. sopra) in uscita per i tipi di Springer, vi consiglio di leggere il mio articolo «Contre l’hypothèse de la ‘fin de la vie privée’. La négociation de la privacy dans les médias sociaux» (Revue Française de Sciences de l’Information et de la Communication, n° 3, 2013) che ne riassume l’impostazione teorica – e che contiene una timeline dettagliata degli incidenti di privacy su Facebook e delle reazioni dei collettivi di utilizzatori.

Suggerisco, perché ne valgono davvero la pena, due articoli di colleghe che lavorano su questo tema: Helen Nissenbaum «A Contextual Approach to Privacy Online» (Daedalus, vol. 140, n°. 4, 2011) e Kate Crawford & Jason Schultz «Big Data and Due Process: Toward a Framework to Redress Predictive Privacy Harms» (SSRN Scholarly Paper. Rochester, NY: Social Science Research Network, 2013).

In ultimo, sulla questione dei troll e del loro ruolo di ‘trolletariato dell’economia digitale’, come sempre la migliore introduzione è il podcast di Radio France Culture (Psycho-politique du troll, nel quale imperverso in compagnia di uno psicanalista e di un critico d’arte) e soprattutto questa mini-antologia di miei scritti in inglese e in francese in materia di trolling, vandalismo e discordia online (nella quale parlo, fra l’altro, di Mentana, di Grillo, di Papa Ratzinger, di Savonarola e dei Monty Python). Colleghe che hanno lavorato su questo tema con posizioni teoriche comparabili alla mia sono l’antropologa di Anonymous, Biella Coleman (v. il suo saggio Hacker and Troller as Trickster, Social Text, 7 febbraio 2010) e la giovane ricercatrice Withney Phillips, che ha appena finito il suo dottorato alla University of Oregon e che propone un approccio etnografico al fenomeno del trolling (v. la lista dei suoi articoli).